Finalmente un noir. Un genere che in Italia avevamo dimenticato, troppo concentrati a far ridere il pubblico.
Finalmente un film moderno, dove i personaggi parlano come noi, persone comuni. Finalmente un film sperimentale, girato in digitale con riprese a mano e un montaggio serrato. Finalmente Henry, il nuovo film scritto, diretto e prodotto da Alessandro Piva uscito nelle sale (poche, nda) il 2 marzo scorso.
Finalmente un film moderno, dove i personaggi parlano come noi, persone comuni. Finalmente un film sperimentale, girato in digitale con riprese a mano e un montaggio serrato. Finalmente Henry, il nuovo film scritto, diretto e prodotto da Alessandro Piva uscito nelle sale (poche, nda) il 2 marzo scorso.
Ritornato allo stile del film che lo ha consacrato, "La Capagira", Piva ci accompagna nelle strade della Roma di Henry, il nome utilizzato dai pusher africani per indicare l'eroina. Senza fronzoli né leziosità, il regista ci regala una istantanea di una realtà che non si racconta mai, con occhio neutro, distaccato, lasciando spazio al racconto.
Molto ben riusciti i personaggi, figure al limite del grottesco che sembrano usciti direttamente, per look e linguaggio, da un film di Tarantino o dai polizieschi italiani degli anni '70 e '80.
Una menzione speciale per gli attori, tutti perfettamente calati non solo nel proprio ruolo, ma anche nel contesto.
Sono rimasto particolarmente colpito dall'interpretazione di Michele Riondino, sempre più bravo e convincente, con un futuro assicurato da golden boy del cinema italiano.
Il film contiene diverse scene che restano impresse nella memoria; tra queste, quella che mi ha più affascinato maggiormente è quella del duello tra i due pusher di colore; trattati come dei cani da combattimento, i due vengono costretti a lottare l'uno contro l'altro per non morire. Chi vive è salvo. Vedendo la scena mi sono tornate alla mente, per stile e tensione, le immagini del film di Iñárritu "AmoresPerros".
Unico neo le musiche non molto coinvolgenti, a differenza dei precedenti lavori di Piva. dove le colonne sonore erano sempre particolarmente azzeccate.
Purtroppo il film è stato distribuito in pochissime copie, ma spero che il passaparola e la popolarità acquisite di recente da Claudio Gioè e Michele Riondino con le fiction di cui sono protagonisti, rispettivamente "Il Tredicesimo Apostolo" e "Il giovane Montalbano", possano farlo circolare nelle sale e, nel prossimo futuro, in tv.
Molto ben riusciti i personaggi, figure al limite del grottesco che sembrano usciti direttamente, per look e linguaggio, da un film di Tarantino o dai polizieschi italiani degli anni '70 e '80.
Una menzione speciale per gli attori, tutti perfettamente calati non solo nel proprio ruolo, ma anche nel contesto.
Sono rimasto particolarmente colpito dall'interpretazione di Michele Riondino, sempre più bravo e convincente, con un futuro assicurato da golden boy del cinema italiano.
Il film contiene diverse scene che restano impresse nella memoria; tra queste, quella che mi ha più affascinato maggiormente è quella del duello tra i due pusher di colore; trattati come dei cani da combattimento, i due vengono costretti a lottare l'uno contro l'altro per non morire. Chi vive è salvo. Vedendo la scena mi sono tornate alla mente, per stile e tensione, le immagini del film di Iñárritu "AmoresPerros".
Unico neo le musiche non molto coinvolgenti, a differenza dei precedenti lavori di Piva. dove le colonne sonore erano sempre particolarmente azzeccate.
Purtroppo il film è stato distribuito in pochissime copie, ma spero che il passaparola e la popolarità acquisite di recente da Claudio Gioè e Michele Riondino con le fiction di cui sono protagonisti, rispettivamente "Il Tredicesimo Apostolo" e "Il giovane Montalbano", possano farlo circolare nelle sale e, nel prossimo futuro, in tv.
Comunque, a mio avviso, il film merita di essere visto ed ha tutti i numeri per diventare oggetto di una puntata di Stracult.
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